Introduzione: Gli attuali sviluppi nella salute pubblica internazionale stanno portando le autorità qualificate a rilasciare linee guida di pratica clinica per la valutazione e la diagnosi dei Disturbi dello Spettro Autistico (ASD). Tali documenti incorporano procedure che si basano sull’Autism Diagnostic Interview-Revised (ADI-R) e l’Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS) che sono considerate le misure di valutazione “gold standard” nella valutazione degli ASD. Anche se questi strumenti dimostrano la loro efficacia nella valutazione della sintomatologia autistica, tuttavia inciampano quando la situazione diventa più complessa e rivelano problemi diagnostici differenziali nei casi di autismo infantile e adulto. Questo problema diagnostico differenziale rimane significativo nella pratica clinica quotidiana e ha forti implicazioni nel corso del trattamento terapeutico.
Obiettivi: Il nostro obiettivo è quello di sottolineare e sfumare le qualità metrologiche dell’ADI-R e dell’ADOS nella diagnosi differenziale dei disturbi autistici presentando una sintesi di studi recenti, sostenendo così l’interesse di mantenere un dibattito aperto sulle pratiche diagnostiche.
Metodi: La nostra revisione selettiva della letteratura recente si concentra sugli studi che mettono a confronto l’ADI-R e l’ADOS – usati indipendentemente o in combinazione – con varie questioni differenziali nell’autismo in età adulta e infantile, al fine di evidenziarne le qualità e i limiti.
Risultati: L’ADI-R è un’intervista semi-strutturata applicata da esaminatori addestrati e applicata a parenti e/o caregiver che raccolgono informazioni sullo sviluppo dei primi anni di vita del paziente su una varietà di comportamenti e abilità. È quindi relativamente dipendente dalla disponibilità e dai pregiudizi personali dei terzi intervistati. Le caratteristiche metriche evidenziate dagli studi recensiti rivelano chiaramente una certa efficacia dello strumento e una buona discriminazione dei disturbi infantili. Allo stesso tempo, la capacità discriminatoria dello strumento sembra insufficiente quando è applicato ai bambini piccoli, ai bambini molto piccoli e agli adulti. Quest’ultimo sembra particolarmente vero quando si tratta di differenziare i disturbi dello spettro autistico e schizofrenico. L’ADOS è uno strumento di valutazione semi-strutturato di osservazione standardizzata che ha conosciuto diversi sviluppi successivi, come le ottimizzazioni riguardanti la sensibilità dei suoi cutoff. Molti lavori hanno contribuito a costruire uno strumento di questo tipo con qualità metriche affidabili e solide che tuttavia mantengono importanti distorsioni come la soggettività del caregiver o del valutatore durante il processo di valutazione. Per le valutazioni dei bambini autistici lo strumento ha ancora una buona validità diagnostica, ma sembra mantenere casi di diagnosi errata di ASD (falsi positivi). In altre parole, i disturbi o le disabilità dello sviluppo di alcuni bambini e adolescenti non potrebbero essere distinti dall’ASD quando ci si basa solo su questo test. Il modulo 4 dell’ADOS, concepito per la diagnosi di adolescenti e adulti con un linguaggio fluente, ha subito meno aggiornamenti. Questo algoritmo rivisitato ha qualità metrologiche utili per i clinici e rimane uno dei pochi strumenti disponibili per questa popolazione. Sfortunatamente, la sua accuratezza diagnostica è inferiore quando viene applicato alle donne, agli anziani, alle persone con disturbi di personalità o con capacità intellettive superiori, o per la discriminazione tra ASD e schizofrenia. Nel complesso, i punteggi di questi due strumenti portano una forte evidenza della loro utilità nel processo diagnostico dell’ASD, a condizione che siano utilizzati con cautela e una prospettiva clinica critica, e solo come un supporto tecnico secondario. Il loro uso in combinazione è efficace perché sono complementari e compensano i limiti dell’altro. Tuttavia, la loro egemonia globalizzata come strumenti “gold-standard” costituisce una battuta d’arresto nella misura in cui costringe la diagnosi di ASD a un insieme di elementi stereotipati. Quest’ultimo a sua volta stabilisce un modello normativo di autismo che esclude altre forme fenotipiche, soprattutto nel caso delle donne e degli anziani. Infine, la discriminazione tra autismo e psicosi per i bambini sembra rimanere un compito insolubile anche per la combinazione ADI-R/ADOS.
Conclusioni: La problematica della diagnosi differenziale rimane critica per gli approcci clinici all’autismo. Pertanto, le formalizzazioni delle procedure diagnostiche devono essere in grado di rimanere aperte e accompagnate da un approccio clinico creativo, soprattutto nel caso di situazioni complesse che non sono solubili con gli strumenti diagnostici convenzionali. Una possibilità può risiedere nell’approfondimento dell’approccio fenomenologico all’autismo come tentativo di modellare i fenomeni soggettivi dei soggetti autistici e quindi operazionalizzare gli elementi che servono al processo diagnostico. Allo stesso modo, un’epistemologia psicodinamica potrebbe aiutare i clinici ad andare oltre la considerazione di comportamenti e punteggi osservabili, introducendo un punto di vista psicoanalitico che interfacci i comportamenti oggettivi con il funzionamento dinamico intrapsichico dell’individuo. Questo progetto potrebbe essere articolato con metodologie proiettive – in particolare il test di Rorschach – che rispettano le esigenze di standardizzazione e quantificazione degli strumenti diagnostici convenzionalmente utilizzati.