Cos’è l’Amen Corner ai Masters e come ha ottenuto il suo nome?

Nel mondo dello sport, certi nomi prendono una vita propria. Eldrick Woods sembra un uomo comune; Tiger Woods, invece, è una forza con cui fare i conti. Lo stesso vale per l’Augusta National, dove le buche 11, 12 e 13 hanno assunto una vita propria. Come ogni serio fan del Masters può dirvi, questo è l’Amen Corner.

Come hanno fatto tre buche del campo ad avere questo nome? Come per tutto ciò che riguarda i Masters, c’è una bella fetta di tradizione dietro questa storia.

I Masters sono pieni di tradizione

Un torneo diverso dagli altri

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Se avete mai guardato il Masters in TV, allora avete familiarità con la frase, “una tradizione diversa da qualsiasi altra”. Per la gente dell’Augusta National, tuttavia, questo non è solo uno slogan di marketing; è la vita reale.

Augusta ha formalmente aperto nel gennaio 1933, e il primo torneo “Augusta National Invitational” ha avuto luogo l’anno successivo. A parte il rebranding come The Masters, non è cambiato molto da allora.

Mentre il mondo dello sport è pieno di sfarzo e tradizione, The Masters esiste in una lega a sé. La Green Jacket, per esempio, ha il suo unico set di regole; cose come la Cena dei Campioni, il Torneo Par 3 e l’abbigliamento dei caddy sono dettati dalla tradizione. Persino la CBS ha fatto un accordo speciale con il Masters, permettendo all’evento di andare in onda con una pubblicità limitata.

Poi, c’è l’Amen Corner.

Che cos’è l’Amen Corner?

Come giocare l'Amen Corner con Tiger Woods

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Se non avete familiarità con il Masters, l’Amen Corner potrebbe sembrare qualcosa di completamente slegato dal mondo del golf. In realtà, però, si riferisce a un tratto specifico dell’iconico campo da golf.

L’Amen Corner consiste nelle buche 11, 12 e 13 dell’August National, note rispettivamente come “White Dogwood”, “Golden Bell” e “Azalea”. I puristi, tuttavia, sostengono che si riferisce solo all’ultima parte della 11, alla totalità della 12 e ai colpi iniziali della 13. Indipendentemente dai dettagli, però, l’Amen Corner può riempire anche il golfista più esperto con un misto di paura e timore.

Come spiegato da Jay Busbee di Yahoo, l’Amen Corner ha le sue sfide uniche. Le buche sono tutte difficili, ma hanno anche molti “parametri di rischio-ricompensa”, permettendo al golfista di salire o scendere in classifica, a seconda delle sue prestazioni. Basta chiedere a Jordan Speith.

Questa scelta di rischio-ricompensa è aggravata dalla posizione di Amen Corner all’interno di un round; i golfisti iniziano a rendersi conto che il loro tempo sul campo sta per finire e iniziano a prendere rischi extra, che possono portare a un crollo spettacolare.

“Quando si inizia a vedere il traguardo, si inizia a preoccuparsi degli errori”, ha spiegato lo psicologo delle prestazioni Dr. Joe Parent. “Proprio intorno all’Amen Corner, il tuo piano di gioco può cambiare, e questa è una cosa molto dannosa. Invece dell’aggressività, i giocatori iniziano a giocare per non commettere errori. Gli swing diventano incerti, i colpi vanno fuori bersaglio, i putt rotolano troppo lontano o non abbastanza lontano.”

Come ha preso il nome Amen Corner?

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Ora che abbiamo stabilito il significato di Amen Corner, rimane un pezzo dell’equazione: come ha avuto il suo nome?

Durante il giro finale del Masters 1958, Arnold Palmer stava inseguendo il titolo. Grazie a un eagle alla tredicesima buca – e a una decisione favorevole del comitato delle regole riguardo al suo drop alla dodicesima – si aggiudicò il titolo.

Scrivendo dell’eroismo di Palmer per Sports Illustrated, Herbert Warren Wind fece riferimento a “la parte più lontana del percorso dell’Augusta National – giù nell’Amen Corner, dove il Rae’s Creek interseca il fairway della tredicesima vicino al tee, poi parallelamente al bordo anteriore del green della breve dodicesima e infine si snoda lungo il green dell’undicesima”. Da lì, il titolo è semplicemente rimasto.

Ma da dove ha preso Wind la frase Amen Corner? Come spiegato da Golf.com, egli “sosteneva di essere stato ispirato da una canzone jazz chiamata ‘Shouting at Amen Corner’, di Mezz Mezzrow. Ma si scopre che aveva ricordato male l’artista. In realtà fu registrata da Mildred Bailey e dalla Dorsey Brothers Orchestra nel 1933 e aveva un nome leggermente diverso: ‘Shoutin’ in that Amen Corner”.

A prescindere dai dettagli, però, Amen Corner fa ormai parte della tradizione di The Masters.

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