School of Journalism and New Media

Era 55 anni fa questo mese che il campus dell’Università del Mississippi fu travolto da una rivolta quando James Meredith cercò di iscriversi all’università di punta dello stato.

I segregazionisti di tutto il Sud erano scesi nel campus e ne seguì una rivolta. Più di 300 reporter si recarono a Oxford per coprire la storia.

Alcuni furono picchiati; altri ebbero le loro attrezzature danneggiate o incendiate. Il reporter dell’Agence France-Press Paul Guihard fu assassinato, l’unico reporter ucciso durante l’era dei diritti civili.

Le questioni allora erano crude come lo sono oggi – come dimostrano le proteste e le dimostrazioni che si verificano a Memphis e in tutta la nazione riguardo all’esistenza di memoriali confederati su terreni pubblici.

Screen grab da The Commercial Appeal della colonna ospite della Dr. Kathleen Wickham.

Nel clima odierno le emozioni da entrambe le parti sono crude come quando i monumenti sono stati installati, le convinzioni sono altrettanto rigide e l’odio è altrettanto ripugnante.

Ma in un momento in cui le rivendicazioni delle cosiddette “fake news” sono usate per minare la credibilità della stampa, vale la pena ricordare a noi stessi il ruolo della stampa nel riportare rivolte, proteste e disturbi.

Questo ruolo – garantito dal Primo Emendamento – è quello di monitorare le azioni del governo e di persone e istituzioni potenti, fornendo una fonte affidabile di informazioni su come le forze dell’ordine, i funzionari pubblici e i cittadini reagiscono agli eventi e proteggono le persone e la proprietà.

Gli attacchi alla stampa per svolgere questo lavoro sono un affronto alla democrazia. I giornalisti riportano le notizie senza paura o favore per conto del popolo.

I reporter che scesero a Oxford nel 1962 stavano facendo proprio questo. Erano spinti a cercare la verità e a informare il pubblico su ciò che stava accadendo.

Nel mio nuovo libro “We Believed We Were Immortal: Twelve Reporters Who Covered the 1962 Integration Crisis at Ole Miss”, esploro la crisi attraverso le parole e le esperienze dei giornalisti che erano lì.

Comprendono Sidna Brower, la redattrice del giornale studentesco cresciuta a Memphis; Claude Sitton del New York Times, conosciuto come il decano della stampa per i diritti civili, Dorothy Gilliam, anche lei nativa di Memphis, che fu la prima donna afroamericana assunta dal Washington Post; Michael Dorman di Newsday, che ha esplorato gli atteggiamenti della città come evidenziato dalla famiglia Faulkner; e Neal Gregory, nativo di Tupelo, di The Commercial Appeal, che ha scritto sull’umore della comunità religiosa di Oxford.

L’omicidio irrisolto di Guihard è anche un aspetto significativo del libro. L’ex conduttore di CBS News Dan Rather, un altro reporter che arrivò a Oxford nel 1962, ha parlato alla dedica del 2010 di una targa commemorativa per Guihard.

Rather ha osservato che il lavoro di un reporter è quello di testimoniare ed “essere un onesto mediatore di informazioni. Portare gli spettatori sulla scena…avvicinarsi il più possibile alla verità, riconoscendo che il più delle volte non si può ottenere la verità, tutta la verità e nient’altro che la verità.”

Il giornalismo è visto come la prima stesura della storia. È attraverso tali bozze che la verità emerge. I giornalisti parlano per le loro comunità e creano conversazioni pubbliche, incoraggiati dalla convinzione che le loro storie fanno luce sugli affari pubblici e possono cambiare il mondo.

La dottoressa Kathleen Wickham, ex-memphiana, è professoressa di giornalismo all’Università del Mississippi. È prevista per firmare le copie del suo nuovo libro alle 5 P.m. 12 settembre ai libri quadrati a Oxford e alle 6 P.m. 15 settembre alla libreria di romanzo in Memphis.

Questa colonna originalmente è stata pubblicata in The Commercial Appeal.

Tags: libro, caratterizzato, Kathleen Wickham, scuola mite, Memphis, Mississippi, Ole Miss, rivolte, Università del Mississippi

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