Shiva, (sanscrito: “Auspicious One”) scritto anche Śiwa o Śiva, una delle divinità principali dell’induismo, che gli shaiviti adorano come dio supremo. Tra i suoi epiteti comuni ci sono Shambhu (“Benigno”), Shankara (“Benefico”), Mahesha (“Grande Signore”) e Mahadeva (“Grande Dio”).
Chi è Shiva?
Shiva è una delle divinità principali dell’Induismo. Il suo nome si scrive anche Śiwa o Śiva.
Come è fatto Shiva?
Shiva è di solito raffigurato come bianco, dalle ceneri dei cadaveri che vengono spalmate sul suo corpo, con un collo blu, perché tiene il veleno in gola. Indossa una mezzaluna e il fiume Gange come decorazioni nei capelli e una ghirlanda di teschi e un serpente intorno al collo. Ha tre occhi e, secondo diversi miti, due o quattro mani.
Quali forme assume Shiva?
Shiva è rappresentato in una varietà di forme: esiste pacificamente con la sua consorte Parvati e il figlio Skanda, come il danzatore cosmico Nataraja, come un asceta nudo, come un mendicante, come uno yogi, come un Dalit con un cane, e come l’unione androgina di se stesso e della sua consorte femminile.
Quali sono i ruoli di Shiva come divinità?
Shiva svolge diversi ruoli come divinità indù. È il grande asceta, il maestro della fertilità, il maestro del veleno e della medicina, e il signore del bestiame. I suoi ruoli combinati sono esemplari di una tendenza dell’Induismo a vedere qualità complementari in una singola figura ambigua.
Shiva è rappresentato in una varietà di forme: in uno stato d’animo pacifico con la sua consorte Parvati e il figlio Skanda, come il danzatore cosmico (Nataraja), come un asceta nudo, come un mendicante, come uno yogi, come un Dalit (un tempo chiamato intoccabile) accompagnato da un cane (Bhairava), e come l’unione androgina di Shiva e della sua consorte in un solo corpo, metà uomo e metà donna (Ardhanarishvara). Egli è sia il grande asceta che il maestro della fertilità, ed è il maestro sia del veleno che della medicina, attraverso il suo potere ambivalente sui serpenti. Come Signore del Bestiame (Pashupata), è il benevolo mandriano o, a volte, lo spietato macellatore delle “bestie” che sono le anime umane a lui affidate. Sebbene alcune delle combinazioni di ruoli possano essere spiegate dall’identificazione di Shiva con figure mitologiche precedenti, esse derivano principalmente da una tendenza dell’Induismo a vedere qualità complementari in una singola figura ambigua.
La consorte femminile di Shiva è conosciuta sotto varie manifestazioni come Uma, Sati, Parvati, Durga e Kali; Shiva è anche talvolta abbinato a Shakti, l’incarnazione del potere. La coppia divina, insieme ai loro figli – Skanda e Ganesha dalla testa di elefante – si dice che dimorino sul monte Kailasa, sull’Himalaya. Si dice che Skanda a sei teste sia nato dal seme di Shiva, che fu sparso nella bocca del dio del fuoco, Agni, e trasferito prima al fiume Gange e poi a sei stelle della costellazione delle Pleiadi. Secondo un altro mito ben noto, Ganesha nacque quando Parvati lo creò con la terra che si sfregò durante un bagno, e ricevette la sua testa d’elefante da Shiva, che fu responsabile della sua decapitazione. Il veicolo di Shiva nel mondo, il suo vahana, è il toro Nandi; una scultura di Nandi si trova di fronte al santuario principale di molti templi di Shiva. Nei templi e nei santuari privati, Shiva è venerato anche sotto forma di lingam, un oggetto cilindrico votivo che è spesso incorporato in uno yoni, o piatto con beccuccio.
Shiva è solitamente raffigurato in pittura e scultura come bianco (dalle ceneri dei cadaveri che vengono spalmate sul suo corpo) con un collo blu (dal tenere in gola il veleno emerso al ribollire dell’oceano cosmico, che minacciava di distruggere il mondo), i capelli disposti in una spirale di ciocche aggrovigliate (jatamakuta) e ornati con la mezzaluna e il Gange (secondo la leggenda, ha portato il fiume Gange sulla terra dal cielo, dove è la Via Lattea, permettendo al fiume di gocciolare tra i suoi capelli, rompendo così la sua caduta). Shiva ha tre occhi, il terzo occhio dona una visione interiore ma è capace di bruciare la distruzione quando è focalizzato verso l’esterno. Indossa una ghirlanda di teschi e un serpente intorno al collo e porta nelle sue due (a volte quattro) mani una pelle di cervo, un tridente, un piccolo tamburo a mano, o una mazza con un teschio alla fine. Quel teschio identifica Shiva come un Kapalika (“Portatore di teschi”) e si riferisce ad una volta in cui tagliò la quinta testa di Brahma. La testa rimase attaccata alla sua mano finché non raggiunse Varanasi (ora in Uttar Pradesh, India), una città sacra a Shiva. Poi cadde, e un santuario per la purificazione di tutti i peccati, noto come Kapala-mochana (“Il rilascio del cranio”), fu successivamente stabilito nel luogo in cui era atterrato.